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  • Un palazzo del Cinquecento nel cuore storico di Bolsena: Palazzo del Drago, già Crispo

    Palazzo del Drago, in origine Palazzo Crispo, è un imponente e articolato complesso architettonico cinquecentesco che occupa la zona scoscesa settentrionale dell’antico borgo. Si congiunge alla Rocca Monaldeschi con il suo vario sistema di rampe, volte e di scale. La parte sud del palazzo si sviluppa lungo i meandri di via delle Piagge, superandola tramite ambienti pensili, mentre la parte nord, visibile dal giardino, si presenta come massiccio edificio dall’aspetto severo caratterizzato dalla loggia serliana sulla parete obliqua verso il lago.
    Si sviluppa per circa mezzo ettaro su diversi piani e livelli.

    Fu costruito per volontà del cardinale cardinale Tiberio Crispo (1498-1566), figlio di Giovanni Battista Crispo e di Silvia Ruffina; quest’ultima, divenuta in seguito amante del cardinale Alessandro Farnese, governatore di Bolsena dal 1525 al 1534, poi papa Paolo III, mise alla luce, intorno al 1500, Costanza, di cui Tiberio era dunque fratellastro.

     Il complesso è frutto di due fasi edilizie (1533-1544 e 1554-1561), corrispondenti in parte ai periodi nei quali Crispo detenne la carica di governatore di Bolsena.

    Il palazzo unisce le caratteristiche della fortezza e della dimora signorile. Al suo interno il palazzo custodisce importanti affreschi tra cui quelli del noto pittore manierista bolognese Prospero Fontana, logge affrescate, saloni, gallerie, una cappella, una biblioteca, terrazze con vedute verso il lago di Bolsena, giardini pensili e un parco di 2.500mq curato con diversi tipi di piante, fiori e orti.

    Fase costruttiva 1533-1544
    Crispo, nominato nel 1535 cameriere segreto del Farnese oramai divenuto pontefice, acquistò case limitrofe alla sua dimora. Divenne poi, nel 1540, governatore di Bolsena e diede impulso ai lavori del nuovo palazzo affidandoli, grazie alle sue importanti conoscenze, ai migliori artisti e architetti dell’epoca come Raffaello da Montelupo e Simone Mosca, entrambi allievi di Antonio da Sangallo il giovane che dovettero adattare i fabbricati già esistenti alla ricerca di collegamenti funzionali tra essi. La costruzione del palazzo, infatti, non fu lineare non essendo un edificio sorto dalle fondamenta ma il risultato del vario coordinarsi di fabbricati già esistenti.

    Questo primo nucleo, definito entro il 1544, si sviluppa lungo via della Piaggia, scavalcandola con ambienti pensili, dove è l’ingresso originario da cui sale lo scalone a quattro rampe, la salita di scala bellissima ricordata da Giorgio Vasari nella “Vita di Simone Mosca”, che conduce alla terrazza pensile, da dove si accede alla Sala Grande, già terminata nel 1542, destinata alle sedute consiliari cui presiedeva il governatore di Bolsena: la funzione di rappresentanza dell’ambiente è sottolineata dalla presenza del nome del proprietario iscritto sugli architravi di porte e finestre.  
    Dalla Sala Grande si accede agli altri ambienti: le sale private, la cosiddetta Biblioteca che a sua volta mette in comunicazione la Loggia Paolina o Farnesiana, dal bel soffitto cassettonato, con la Loggia del Dottore, e la cappella privata di piccole dimensioni a pianta centrale coperta a cupola.

    Nel 1540 probabilmente il cardinale Crispo, ricevette Paolo III nel palazzo in costruzione e questi lo indusse ad arricchirlo della suddetta Loggia Paolina o Farnesiana, come Crispo stesso ricorda in una lettera dell’anno successivo. Questa, con vista panoramica sul lago, è, posta al I piano del palazzo e presenta un soffitto ligneo dipinto secondo un programma di celebrazione farnesiana: al centro è lo stemma papale e sei medaglioni espongono il giglio dei Farnese.

    Seconda fase costruttiva 1554- 1561
    Nuovamente nominato governatore di Bolsena nel 1553, l’anno successivo Crispo mise mano all’altra ala del palazzo, il “Torrazzo”, sorto nella zona tra la Porta di Castello Capite e la sottostante Porta di S. Giovanni, su progetto di Tommaso di Giacomo Bevilacqua da Bissone, sostituito poi da Giulio Merisi da Caravaggio: per la fabbrica fu utilizzata, a partire dal 1559, la pietra rossa della cava di Poggio Restaldo, sottratta dal governatore a una fornitura destinata alle opere pubbliche. Il palazzo venne ultimato nel 1561. La decorazione ad affresco e stucchi di numerosi ambienti dislocati sui due piani del Torrazzo fu avviata a partire dal 1559 e fu interrotta nel 1562, quando i bolsenesi, scontenti dell’amministrazione di Crispo, lo fecero rimuovere dalla carica di governatore.
    Da questa ala detta del Torrazzo, una scala a chiocciola termina al piano superiore nella piccola loggia a “serliana”, a pianta triangolare, affacciata sul sottostante piazzale di San Giovanni e con ampia vista sul lago.

    Le sale affrescate

    L’esecuzione degli affreschi nelle sale del primo e secondo piano è databile tra il 1559 e il 1562; sono assegnabili alla mano e bottega di Prospero Fontana e ispirati ai grandi cicli dei palazzi romani tra cui quello di Castel S. Angelo dove, tra il 1543 e il 1545, lo stesso Crispo, nominato castellano, aveva sovrinteso i lavori, e a maestri come Pellegrino Tibaldi, Raffaellino del Colle e Perin del Vaga. 

    Affreschi della Sala di Alessandro Magno
    La sala posta al I piano e affrescata sia sulle pareti che sulla volta è detta “di Alessandro Magno” dalle storie del grande condottiero raffigurate nella volta, con evidente omaggio onomastico al papa Paolo III, al secolo Alessandro Farnese. La sala subì gravi danni durante l‘invasione napoleonica e parte della decorazione è deperita. Agli angoli della volta sono dipinti motivi a grottesca con l’emblema di Tiberio Crispo e dei suoi protettori Farnese.

    Sala del Baccanale o “dei Putti”
    La sala è detta “del Baccanale” o “dei Putti“, per i soggetti raffigurati nel registro superiore dove, circondato da un fregio con putti musicanti e un corteo bacchico, si snodano Menadi danzanti, un satiro che tenta di rapire una ninfa mentre un altro versa del vino ad alcuni puttini, e il Carro di Bacco; il tema adottato fa supporre una destinazione di questo ambiente a sala per banchetti. La decorazione parietale mediana è invece articolata in nicchie dove sono raffigurate divinità pagane alternate a riquadri, secondo una tipologia comune derivata dalla Sala Paolina di Castel Sant’Angelo a Roma.

    Stanzino di Mosè
    La piccola sala, affrescata sia sulle pareti che sulla volta, è detta “Stanzino di Mosè” dai soggetti biblici rappresentati sulle pareti ovvero: il Miracolo della caduta della manna e delle quaglie, Mosè che fa sgorgare l’acqua dalla roccia e il Ritorno degli esploratori dalla Terra Promessa. È l’unica stanza del palazzo a tema religioso e fungeva, probabilmente, da studiolo del cardinale Crispo.

    Sala dei Giudizi
    La sala, posta al II piano del corpo di fabbrica del palazzo detto “il Torrazzo”, è così chiamata perché vi sono raffigurate a monocromo scene di storia romana (“giudizi”) in funzione di exempla virtutis per il committente, e nicchie contenenti divinità legate al mondo naturale; tra gli exempla si riconoscono la continenza di Gaio Fabrizio Luscino console (282 a.C.), esempio di austerità e disprezzo della ricchezza per aver resistito a tentativi di corruzione da parte dei Sanniti e di Pirro. Il registro superiore presenta invece le raffigurazioni di alcune Muse e di tre momenti del mito di Perseo.

    Affreschi della Saletta romana
    Nella piccola sala, posta al II piano del corpo di fabbrica del palazzo detto “il Torrazzo”, sono illustrati episodi delle Storie di Romolo e scelti con particolare riferimento alla storia di Bolsena, in ossequio alla tradizione secondo cui nelle lotte contro i Sabini Romolo sarebbe stato aiutato dal bolsenese Galerito Lucumene. Sulle pareti compaiono motivi a grottesca stilisticamente accostabili a quelle della Sala di Alessandro Magno. Quest’ultime decorazioni presentano similitudini stilistiche con gli interventi romani di Luzio Luzi per la “Cagliostra” di Castel S. Angelo e per il fregio della Sala delle Aquile nel Palazzo dei Conservatori, e pertanto la loro esecuzione viene assegnata alla mano del maestro romano in collaborazione con Prospero Fontana.
    Dopo la morte di Tiberio Crispo il palazzo venne acquisito dalla famiglia Spada Veralli Potenziani e durante il secolo XIX attraversò un lungo periodo di abbandono. 
    Nel 1894, con il matrimonio tra Ferdinando del Drago e Maria Angelica Spada Veralli, il palazzo passa definitivamente nelle mani dei principi del Drago. 
    Con i bombardamenti della seconda Guerra Mondiale il palazzo subì ulteriore danni ma a partire dalla metà degli anni 40 ebbero inizio importanti opere di restauro, prima con Rodolfo del Drago (1900 -1946), poi con Giovanni del Drago (1933 – 2016) e infine il principe Ferdinando Fieschi Ravaschieri del Drago (1978), l’attuale proprietario.

    Informazioni, orari e immagini
    Palazzo del Drago fa parte del circuito delle Dimore storiche italiane

    https://www.palazzodeldrago.it/

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