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  • Benedetto Buglioni (attr.)
    Santa Cristina giacente

    Bolsena, basilica di Santa Cristina, Grotta di Santa Cristina, basilica ipogea

    Santa Cristina, a grandezza naturale, appare morbidamente adagiata nel sonno sereno della morte, con accanto la macina, il suo attributo principale, legata al collo e la freccia, anch’essa simbolo del martirio. Originariamente la scultura era unita al tabernacolo oggi collocato nella Cappella del SS. Mo Sacramento (12f): era collocata nel perduto arcosolio posto al di sotto della mensa.
    La scultura è collocata su un basamento del sec. XIX allestito in seguito ai lavori immediatamente successivi al ritrovamento della tomba della santa avvenuto nel 1880  mentre il tabernacolo nel 1881 sopra menzionato venne traslato nella cappella di San Michele dove rimase fino al 1993, per essere definitivamente trasferito nella cappella di san Bernardino, oggi cappella del SS. Sacramento, ove svolge la funzione per la quale fu concepito e realizzato.
    Il complesso scultoreo unitario era stato concepito a completamento e arricchimento dell’area presbiteriale della Grotta di Santa Cristina, sotto il livello della quale si supponeva (a ragione) che si trovasse la tomba della martire. Di tutta la struttura soltanto la statua, originariamente dipinta è rimasta nell’area della basilica ipogea, Allorché lo scultore romano Cesare Aureli (1843-1923) ebbe modo di vederla, così si espresse, nei toni intimi, misticheggianti e suggestivi tipici del decadentismo: “Quando mi recai in Bolsena e nel santuario di Santa Cristina ne vidi la stupenda figura robbiana, [fui] meravigliato di tanta bellezza in quell’assopimento del purissimo sembiante che pare assorto in segno di ineffabile beatitudine…”. E prosegue, rivolgendosi idealmente alla martire: “… dal tuo volto beato, o santa giovinetta, scolpito da artista credente, si diparte un’area soavissima di verginale candore […]”, concludendo “Cotanto la forma risponde alla santa nobiltà del concetto” (Fonte: M. Moscini “Cristina di Bolsena. Culto e iconografia”, 2002)

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